Recensione del film “C’era una volta a… Hollywood“
9 agosto 1969 Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski, viene uccisa, insieme a 4 amici, dai seguaci di Charles Manson nella sua casa di Cielo Drive a Bel-Air in California.
Intorno a questo drammatico fatto di cronaca si svolge il nono attesissimo film di Quentin Tarantino, un amaro ritratto della Hollywood di quegli anni che il regista riesce abilmente a dipingere con il suo stile inconfondibile.
“Io sono di Los Angeles, sono cresciuto qui, avevo 7 anni nel 1969. Questo è davvero un film di Los Angeles, dove ho già ambientato Jackie Brown e Pulp Fiction. È il film più vicino a Pulp Fiction che ho fatto, perché racconta di una coppia di protagonisti e dei moltissimi altri personaggi che incontrano, disegnando un grande arazzo di tutta la città.”
Personaggi ed interpreti principali
Leonardo diCaprio è Rick Dalton
Brad Pitt è Cliff Booth
Margot Robbie è Sharon Tate
Margaret Qualley è Pussycat
Dakota Fanning è Lynette “Squeaky” Fromme
Bruce Dern è George Spahn
Mike Moh è Bruce Lee
Luke Perry è Wayne Maunder
Damian Lewis è Steve McQueen
Al Pacino è Marvin Schwarzs
Rafał Zawierucha è Roman Polański
Lorenza Izzo è Francesca Capucci
Damon Harriman è Charles Manson
La trama
Rick Dalton è un attore cinematografico che ha raggiunto il successo negli anni ’50 grazie ad una serie televisiva western, ma che ora sembra essere giunto sul viale del tramonto. Al fianco di Rick c’è Cliff Booth, il suo storico stunt-man e la sua controfigura al cinema, che è diventato negli anni un suo grande, forse l’unico, amico. Anche Cliff fatica a trovare nuove scritture soprattutto dopo che ad Hollywood è circolato il pettegolezzo che lo stunt-man abbia assassinato la moglie. Cliff vive col suo cane in una roulotte, ma trascorre le giornate con Rick facendogli da autista ed assistente tuttofare.
La villa di Dalton si trova a Bel-Air ed è adiacente alla casa in cui vivono il regista Roman Polanski e sua moglie, la splendida attrice Sharon Tate.
Anche se non lo ritiene un ruolo all’altezza del suo talento, Rick accetta di partecipare ad una serie di B-Movie in Europa per fare ritorno, con una moglie italiana al seguito ed insieme all’amico, a Los Angeles 6 mesi più tardi.
Le storie dei due uomini e di Sharon Tate si svolgono in parallelo durante tutto il film, salvo qualche sporadico ed imprevisto avvicinamento, in un susseguirsi di incontri ed eventi nel suggestivo scenario di Hollywood, fino a congiungersi proprio il 9 agosto 1969.
Moltissimi volti noti partecipano a C’era una volta a… Hollywood, tra cui Dakota Fanning, Bruce Dern, Al Pacino, Tim Roth, Kurt Russell e Michael Madsen.
Leonardo di Caprio che interpreta Rick Dalton, ha lavorato con Tarantino nel film Django Unchained, interpretando magistralmente il sadico Calvin J. Candie, mentre Brad Pitt, Cliff Booth nel film, è stato il tenente Aldo Raine in Bastardi senza gloria. Per interpretare Sharon Tate Tarantino ha scelto l’attrice australiana Margot Robbie che ha recitato, proprio con Di Caprio, in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese.
La mia recensione
Si sta dicendo praticamente di tutto su C’era una volta a…Hollywood, dalle opinioni un poco deluse di chi si aspettava un film diverso a chi, per contro, andando oltre la superficie, ne ha apprezzato le tante e diverse sfaccettature. Premetto di essere un fan di Tarantino ed ho quindi atteso con ansia l’uscita del film che ho guardato ed apprezzato con gli occhi di un ammiratore del regista. La delusione di molti, a mio parere, nasce da una sorta di aspettativa di ritrovare sullo schermo lo stile cui Quentin ci ha abituato nei suoi classici da Le Iene a The Hateful Eight passando per il suo capolavoro, Pulp Fiction. Siamo invece di fronte a qualcosa di molto diverso, anche se non del tutto nuovo se si pensa a pellicole come Grindhouse o Inglorious Basterds. C’era una volta a… Hollywood racconta innanzitutto 3 storie, alcuni personaggi che, seppur con uno stile diverso rispetto a quello caratterizzato dai dialoghi serrati e perfettamente scritti dei suoi primi film, riescono ad essere, a mio giudizio, rappresentati molto bene nella loro sfera intima ed interiore. Le storie vengono immerse dentro lo scenario della Hollywood di quegli anni in cui Tarantino può manifestare il suo amore incondizionato per il cinema, curando, come al solito, dettagli e particolari che solo un profondo conoscitore della storia della settima arte può riuscire a fare. Riferimenti precisi, alcune nemmeno troppo sottili frecciate, la sua immancabile ironia e qualche perfetto esercizio di stile rendono il percorso della storia ed il setting della Hollywood anni ’70, un quadro armonioso e ricco di dettagli e riferimenti. Cinema dentro il mondo del cinema che alterna racconto, realtà, documentario, fiction e lo mette nelle mani di un cast straordinario sia nelle prove dei protagonisti assoluti, sia nelle scene dedicate alle star comprimarie.
Il personaggio principale è Cliff Booth, un ex militare che si è riciclato come stunt-man e che affronta ogni situazione con una tranquillità che oscilla tra il menefreghismo e l’incapacità di valutare le situazioni di pericolo. Cliff è in grado di fare da autista tuttofare per l’amico Dalton, salire sul tetto per riparare un’antenna, affrontare a viso aperto un nugolo di hippie senza scrupoli o sfidare il mitico Bruce Lee con la stesso stato d’animo di chi non ha davvero nulla da perdere e temere.
Il suo “capo”, Rick Dalton, è la sua spalla perfetta, un attore che non vuole arrendersi al declino della sua carriera e che riesce a portare sullo schermo tutte le sue debolezze e la sua umanità scoprendosi, anche dal punto di vista professionale, molto più talentuoso rispetto a quanto lui stesso potesse pensare.
Accanto a loro, in parallelo scorre la vita dell’attrice Sharon Tate, un personaggio bellissimo ed evanescente che, scena dopo scena sullo schermo, nonostante la quasi totale assenza di battute, riesce a comunicare in maniera profonda la sua innocenza ed il suo candore.
Tantissimi tributi al cinema sono presenti nel film di Tarantino che se, talvolta, possono sembrare un poco fine a se stessi, sono invece a mio parere delle belle trovate in cui il regista esprime la sua, mai celata, passione per i B-movie e per il cinema dimenticato: la parentesi italiana di Dalton e la sua partecipazione alle pellicole di oltreoceano creano passaggi, nel film, davvero divertenti. Altrettanto divertenti le apparizioni cameo delle star illustri annoverate nel cast che, pur non andando oltre l’effetto macchietta un po’ caricaturato, sono però carichi di ironia e, talvolta, cruda provocazione.
Il ritmo a cui Tarantino ci ha abituati probabilmente, in questa pellicola, manca un poco – fatte salve le scene in cui il suo stile è più che mai presente e ci fa sentire a pieno le scariche di adrenalina – ma credo che anche Tarantino non deve, in fondo, essere uguale a se stesso ed il talento e l’intelligenza visiva e visionaria devono anche avere il coraggio di sperimentare qualcosa di nuovo, proprio come in C’era una volta a… Hollywood!