Recensione di “Vortice”, romanzo di Giorgia Amantini
L’ambientazione oscura e inquietante, un luogo di reclusione freddo e angoscioso, diventa lo sfondo perfetto per la storia di tre personaggi: Papa, un carceriere spietato e mercenario senza scrupoli; la protagonista, una ragazza muta e senza nome, usata e abusata da Papa, fisicamente e psicologicamente in ogni modo possibile, costretta a prendersi cura delle vittime dell’uomo; l’ultimo prigioniero, un ricco e corrotto impresario edile. Questo triangolo di violenza e disperazione sviluppa la trama del romanzo in un crescendo di tensione emotiva.
“Di solito non faccio una bella impressione, tutti quelli che mi vedono hanno come prima reazione quella di strillare e di scappare da me, ma lui no. Chissà perché, sembrava non essere sorpreso di essersi risvegliato in quel posto di merda.” (Cit.)
Ferita nel corpo e nell’anima, la protagonista ha ormai imparato a sopportare ogni forma di brutalità, sia subita che inflitta. Tuttavia, con l’arrivo di questo nuovo prigioniero, qualcosa di diverso inizia a prendere forma.
Papa l’ha avvertita: l’uomo è un viscido serpente, ma dal momento in cui si risveglia nel covo, legato e sofferente, tra prigioniero e carceriera nasce uno strano legame.
“Non era un bastardo, non era un assassino, non era un uomo senza scrupoli. A me sembrava soltanto un uomo indifeso, consapevole di ciò che gli stava succedendo e per questo ancora più indifeso.” (Cit.)
L’uomo, contrariamente alle aspettative, non la guarda con odio, ma con una curiosa combinazione di interesse e compassione, qualcosa che lei non ha mai conosciuto prima. Egli sembra comprenderla e perdonarla, desideroso di conoscere il suo passato, di capirla e persino di proteggerla.
Questa inaspettata connessione la destabilizza profondamente. La ragazza reagisce istintivamente con rabbia e violenza, cercando di respingere l’umana empatia che l’uomo tenta di instaurare. È una frattura nella dinamica crudele e abitudinaria tra vittima e carnefice e il conflitto interiore che la assale è immediatamente palpabile.
“Lo costrinsi a guardarmi negli occhi che adesso sentivo carichi di rabbia cercando di fargli capire che non solo non volevo che lui mi scavasse dentro, ma che non avevo nessuna voglia di intrattenere una maledetta conversazione fatta di interrogatori da parte sua e sguardi, gesti e mugugni da parte mia.” (Cit.)
Giorgia Amantini è bravissima nel trascinare il lettore tra le mura opprimenti di questo luogo di prigionia, in un breve romanzo che fa percepire ogni suono ovattato, ogni odore soffocante e ogni emozione dei personaggi.
L’autrice riesce a dipingere sentimenti crudi e negativi – la rabbia, il dolore, l’odio – che lentamente si trasformano, lasciando spazio a una tenue speranza. La narrazione viscerale cattura immediatamente il lettore, trasformando le parole in immagini vivide e penetranti.
La Amantini dimostra una grande maestria nel ritrarre la protagonista: anche senza voce, la ragazza grida la sua rabbia e il suo dolore, fino a scoprire una tenerezza inaspettata e mai provata prima.
“Rimanemmo con le mani allacciate non so per quanto tempo, stringendole talmente forte da farci male, fissandoci negli occhi così intensamente da non riuscire a distoglierli, vedendo in quel momento solo noi, il nostro destino, le nostre storie che si erano incrociate e che avevano preso una piega imprevista.
Era la prima volta che non avevo paura di un uomo. Ed era la prima volta che un uomo non aveva paura di me.” (Cit.)
Anche il prigioniero affronta un’evoluzione altrettanto profonda: strappato dalla sua vita di impresario corrotto, egli si rende conto che, come i materiali scadenti con cui costruiva i suoi edifici, anche la sua vita era fragile e priva di fondamenta solide. In un paradosso crudo e intenso, la sua prigionia si trasforma in una sorta di liberazione.
“Quando era un uomo libero, infatti, ricco, stimato e di successo, aveva avuto intorno solo falsità, bugie, ipocrisia. Ora che era in gabbia, invece, sporco, mutilato, inerme, aveva avuto affetto, rispetto, sincerità. Sentimenti che in libertà non gli erano mai appartenuti. ” (Cit.)
Il romanzo è un vortice di emozioni che travolge il lettore, culminando in un finale sorprendente e inaspettato. I due protagonisti, entrambi prigionieri di violenze e circostanze insuperabili, riscoprono, pagina dopo pagina, una libertà interiore. Nonostante siano consapevoli che non ne usciranno vivi, riescono a liberarsi dai fantasmi del passato, sperimentando una libertà più autentica, radicata nelle emozioni umane più semplici.
Lo stile narrativo di Giorgia Amantini è fluido e avvolgente, con descrizioni precise e mai eccessive. L’autrice cattura l’attenzione del lettore con naturalezza, traducendo in parole la complessità emotiva dei suoi protagonisti, rendendo ogni sensazione e ogni sussurro profondamente tangibili.
L’autrice
Giorgia Amantini è nata ad Anzio (RM) il 26 Luglio 1983 e vive a Nettuno, in provincia di Roma.
Autrice dei libri Vortice (2018), Muro contro muro (2020), Il serpente bianco – Intrighi e passioni di fine ‘800 (2021), Il serpente azzurro – Amori e congiure di inizio ‘900 (2022) e Il serpente giallo – Sogni e delusioni all’ombra della grande guerra, per BookTribu Edizioni, vincitrice del Premio Speciale Società romantica del Premio nazionale di Narrativa “Jerome Salinger” di Pescara 2019 con l’inedito L’anno che verrà e attestato di merito per il medesimo al Premio Nazionale “Dario Galli” di Lamezia Terme 2021.
La scheda del libro
Autore: Giorgia Amantini
Titolo: Vortice
Editore: Gruppo Albatros Il Filo
Data di pubblicazione: 3/05/2018
Pagine: 59
Genere: Narrativa Contemporanea